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Dizionario demografico multilingue (Italiano - prima edizione del 1959)

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Da Demopædia.


Questa pagina è un brano della prima edizione del dizionario demografico multilingue.
Sopprimere prego questo avvertimento se lo modificate.
Introduzione | Prefazione | Indice
Capitolo | Generalità indice 1 | Elaborazione delle statistiche demografiche indice 2 | Stato della popolazione indice 3 | Mortalità e morbosità indice 4 | Nuzialità indice 5 | Fecondità e fertilità indice 6 | Movimento generale della popolazione e riproduttività indice 7 | Migrazioni indice 8 | Demografia e problemi economico-sociali indice 9
Sezione | 10 | 11 | 12 | 13 | 14 | 15 | 16 | 20 | 21 | 22 | 23 | 30 | 31 | 32 | 33 | 34 | 35 | 40 | 41 | 42 | 43 | 50 | 51 | 52 | 60 | 61 | 62 | 63 | 70 | 71 | 72 | 80 | 81 | 90 | 91 | 92 | 93

Fecondità e fertilità

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Lo studio della fecondità1, o della fertilità1, come altri preferisce (cfr. 621), tratta del fenomeno della procreazione2 sotto i suoi vari aspetti. La voce natalità1 è usata con riferimento alla frequenza delle nascite3 in una data popolazione complessiva, mentre si preferisce parlare di fecondità, o di fertilità, a proposito della frequenza delle nascite in seno a gruppi scelti (cfr. 631). Lo stesso vocabolo serve ad indicare l’analisi quantitativa del complesso di manifestazioni connesse col fenomeno delle nascite. Oggetto della rilevazione statistica possono essere tanto la nascita o il parto (603-4), eventi (201-3), quanto il nato, persona. Va notato che ad ogni parto plurimo (606-2) corrispondono più nascite. Si parla di nascita di un nato vivo4 quando l’evento si conclude colla venuta alla luce di un nato vivo5; in caso diverso, in base a criteri che variano da Paese a Paese, si parla di nascita di un nato morto (410-6*). Non è entrata nell’uso un’espressione comunemente adottata per designare la sola frequenza di nati vivi in seno ad una popolazione: denominazioni come natalità effettiva6, o natalità utile6, potranno essere impiegate all’uopo, meglio se con precisazione del loro esatto significato. Così potrà parlarsi di natalità totale7 quando si intendano presi in considerazione anche i nati morti.

  • 2. procreazione, s.f. — procreare, v.t. — attività procreatrice o attività procreativa: il procreare.
  • 3. nascita, s.f. — nascere, v.i. — nato, pp., agg. e s.m.
    In Italia, alla registrazione di una nascita nell’apposito registro di nascita (211-3), viene compilata a scopo statistico anche una scheda di nascita. Vi sono schede per maschio e schede per femmina, ed in ciascuna di esse una parte è riservata per i casi di natimortalità (410-6). La denuncia della nascita va fatta entro dieci giorni dall’evento. Fonte di inaccuratezza nei dati sulle nascite, in alcune regioni, è il malvezzo di alcuni di dichiarare come avvenuto giorni più tardi del reale l’evento: queste denunce ritardate delle nascite alterano soprattutto i dati di fine dicembre e dei primi giorni del gennaio successivo.
  • 4. Quando si distingue fra nati vivi e nati morti, in una classificazione, si dice che questa è fatta secondo la vitalità (s.f.) dei nati.
  • 5. Secondo la legge italiana, si considera nato vivo un nato che abbia almeno respirato.
  • 6. Qualche autore usa il termine prolificità (s.f. — prolifico, agg.) per il caso in cui ci si riferisca ai soli nati vivi, e parla di produttività (s.f. — produttivo, agg.), quando si prendono anche in considerazione nati morti ed aborti (603-5), da un uomo, o da una donna, o da una coppia (503-4). Ma non si tratta di un uso uniformemente seguito. In particolare, il vocabolo prolificità viene impiegato con varietà di significati da autori diversi (ad esempio nel senso di 632-2, o per indicare qualsiasi forma di misura della fecondità — cfr. 621).
    L’espressione natalità residua viene usata per indicare la frequenza dei sopravviventi (431-4) dopo un anno dalla nascita.
  • 7. Si usa parlare di nascite totali, o di nati in totale, quando si intendono inclusi i casi di natimortalità. Se questi sono esclusi, allora si deve di norma specificare che ci si riferisce ai soli nati vivi: parlare solo di nati darebbe luogo ad incertezze nell’interpretazione.
    Non si confonda natalità totale con fecondità generale, o fertilità generale (cfr. 631-6).

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Il concepimento1 — o concezione1 — avviene colla fecondazione2 di un uovo3 da parte di uno spermatozoo4. Ha così inizio la gravidanza5, durante la quale il prodotto del concepimento6 prende dapprima il nome di embrione7 e poi di feto7. Il demografo, se parla di embrione, intende genericamente riferirsi al prodotto di uno stadio iniziale della gravidanza. Annidamento8 dicesi l’impianto dell’uovo nella parete dell’utero9, a pochi giorni dalla fecondazione.

  • 1. concepimento, s.m. — concezione, s.f. — concepire, v.t. — concepito, pp., agg. e s.m.
  • 2. fecondazione, s.f. — fecondare, v.t. — fecondabile, agg.: suscettibile d’essere fecondato (cfr. 621-1*).
    fecondazione artificiale è una fecondazione ottenuta per inseminazione artificiale.
  • 3. Talvolta si distingue fra ovulo e uovo, che sarebbe un ovulo fecondato
  • 5. gravidanza, s.f. — gravida, agg. e s.f.: in stato di gravidanza — gravidico, agg.: che è in relazione con la gravidanza.
    Il periodo della gravidanza prende il nome di gestazione (s.f. — gestante, agg. e s.f.).
    Di una donna gravida si dice anche che è incinta.
  • 7. embrione, s.m. — embrionale, agg. — embriologia, s.f.: scienza che tratta dello sviluppo degli embrioni. feto, s.m. — fetale, agg.
    Il « concepito » prende nome di embrione nei primi due mesi della gravidanza, grosso modo, e di feto nel periodo successivo.
  • 9. utero, s.m. — uterino, agg.

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Viene spesso proposta una distinzione concettualmente discutibile fra feti vitali1 e feti non vitali2, intendendosi la non vitalità come una aprioristica presunzione di inadattabilità alla vita extrauterina: distinzione che si riduce normalmente alla determinazione di una convenzionale durata della gestazione3, o durata della gravidanza3 (cfr. 602-5) — tra i 5 ed i 7 mesi —, al di sotto della quale si presume che detta inadattabilità debba sussistere. L’espulsione o l’estrazione del prodotto del concepimento (602-6) ad una durata superiore prende il nome di parto4, e ad una durata non superiore prende il nome di aborto5, o interruzione della gravidanza5. Dicesi puerperio6 il periodo successivo al parto, di una durata di circa sei settimane, durante il quale l’utero riprende le sue dimensioni normali e la probabilità di concepire (602-1*) è relativamente bassa (cfr. 637).

  • 3. La durata della gravidanza viene in pratica calcolata a partire dall’inizio dell’ultima mestruazione (620-3), per quanto propriamente la gravidanza non incominci che col concepimento (602-1).
  • 4. parto, s.m. — partorire, v.t. — partoriente, agg., s.f.: donna che sta per partorire.
    La voce parto significa in senso stretto l’espulsione (o l’estrazione) propriamente detta del prodotto del concepimento, ed in senso lato l’insieme di circostanze associate alla medesima, inclusi quindi il travaglio, o travaglio di parto, che la precede, ed il secondamento, che la segue, con l’espulsione (od estrazione) della placenta.
  • 5. aborto, s.m. — abortire, v.i. — abortivo, agg.
    Per la distinzione fra aborto e nato morto, secondo la legge italiana, cfr. 410-6*.
  • 6. puerperio, s.m. — puerperale, agg. — puerpera, s.f.: donna in puerperio.

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Si dice aborto involontario1, o aborto spontaneo1, un aborto (603-5) non intenzionale. In caso diverso, si parla di aborto provocato2, o aborto procurato2, distinguendosi ulteriormente fra aborto terapeutico3, indotto specialmente in considerazione della salute della gravida (602-5*), aborto legale4, in quanto motivato da fini ammessi dalla legge del luogo, e aborto criminoso5, o aborto illegale5, procurato per fini non ammessi dalla legge.

  • 1. Si usa l’espressione dispersione involontaria per abbracciare tutte le perdite non provocate dei prodotti del concepimento (602-6).

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A seconda della durata della gravidanza (cfr. 603-3), si distingue fra parto a termine1 e parto prematuro2, o parto avanti termine2 (cfr. 603-4). E si parla anche, rispettivamente, di nato a termine3 e di prematuro4 (agg. e s.m.), o nato avanti termine4, con riferimento al feto (602-7) venuto alla luce. Il termine prematurità5 abbraccia il fatto del parto prematuro ed i fenomeni connessi col medesimo. Se si fa riferimento, invece che alla durata della gravidanza, al peso alla nascita6 del prodotto partorito, si definiscono immaturi7 i nati che pesano meno di un limite fissato, di solito, in 2.500 grammi.

  • 5. La voce prematurità figura talvolta come causa di morte (420-7). Trattasi di una specificazione che non dice nulla, come è anche il caso per un’altra, la cosiddetta debolezza congenita, pure indebitamente usata per motivare decessi della prima infanzia (cfr. 323-2*).

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Si parla di parto semplice1 (cfr. 603-4) quando il nato (601-3*) è uno solo, e di parto plurimo2, o di parto multiplo2, in caso diverso. I nati da parto plurimo sono detti gemelli3: si distingue fra gemelli monovulari4, o gemelli monocoriali4, o gemelli omologhi4, i quali derivano da un unico uovo (602-3), e gemelli biovulari5, o gemelli bicoriali5, o gemelli eterologhi5, che derivano da uova distinte.

  • 1. Quando i parti sono classificati come semplici, doppi, tripli, ecc., si dice che lo sono secondo il genere del parto.
  • 2. Si distingue ulteriormente fra parto doppio (parto Trigemino), parto triplo (parto trigemino), parto quadruplo (parto quadrigemino) e parto quintuplo (parto quinquigemino), a seconda che il numero dei nati sia di due, tre, quattro, cinque, rispettivamente. La qualifica di parto gemellare deve essere riservata ai parti doppi.
  • 3. gemello, agg. e s.m. — gemellare, agg. — gemellipara, s.f.: la donna che ha un parto gemellare. Si dice gravidanza gemellare una gravidanza in cui la donna porti gemelli.
    In senso stretto ed usuale la parola gemelli indica i prodotti di un parto bigemino; in senso lato, comprensivamente, i prodotti di un parto plurimo qualsiasi.
  • 4. Normalmente i gemelli monovulari sono anche monocoriali, cioè in un unico chorion, e da qui discende l’uso dei due termini come sinonimi; ma in casi eccezionali questo può non accadere.
  • 5. Si usa anche l’espressione gemelli pluriovulari.

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