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Dizionario demografico multilingue (Italiano - prima edizione del 1959)

Numero medio di giornate di malattia

Da Demopædia.
Numero medio di giornate di malattia  (malattia, s.f., numero medio di giornate di —)


I più comuni indici di morbosità1 prendono in considerazione tre aspetti principali del fenomeno — frequenza, durata e gravità delle malattie —, ciascuno dei quali può essere variamente inteso e misurato. Detti indici (136-1) possono essere calcolati, o per singola malattia, o per l’insieme delle malattie. Il rapporto tra il numero degli individui caduti malati, per una data malattia, entro un definito intervallo di tempo, e la popolazione media dell’intervallo esprime il quoziente di morbosità2 per quella data malattia. Si dà pure il nome di quoziente di morbosità al rapporto tra il numero delle manifestazioni di malattia (numero dei casi di malattia420-4) avutesi entro l’intervallo temporale e la popolazione media dell’intervallo. Entrambi i quozienti concorrono a definire la frequenza (diffusione) di una malattia, con risultati che possono però differire, anche sensibilmente, soprattutto nel caso di malattie esogene (cfr. 424-2*) non immunizzanti, potendo, entro il periodo di tempo prescelto, più casi di malattia riferirsi ad un medesimo individuo. Nella pratica, il ricorso all’uno o all’altro quoziente è quasi sempre dovuto alla particolarità delle rilevazioni (cioè alla possibilità di ottenere l’uno o l’altro dei dati da porsi a numeratore del rapporto). Un altro indice della frequenza delle malattie è dato dalla proporzione di malati3 in una popolazione, ad un dato momento. Si calcola anche la durata media dei casi di malattia4, la quale, come il numero medio di giornate di malattia5 per individuo del gruppo studiato, durante un certo lasso di tempo, serve a precisare quantitativamente il grado di inabilità6 o di invalidità6, che la malattia comporta. Ed ancora, si misura la gravità di una malattia a mezzo di quozienti di letalità7, che esprimono la frequenza di casi terminanti con la morte con riferimento, o al numero di malati di una data malattia, o al numero di manifestazioni della medesima, in un lasso di tempo convenientemente scelto. Calcolo, questo, che presenta ovvie difficoltà per le malattie a lungo decorso, anche prescindendo da questioni di completezza (202-4) dei dati statistici sulla morbosità.

  • 2. Si parla di quoziente di morbosità generale quando si prendono in considerazione tutte le malattie e di quozienti di morbosità specifici per malattia con riferimento ad una sola.
    Per designare il rapporto fra il numero di casi di malattia rilevati in un certo periodo ed il numero di persone che sono cadute ammalate nello stesso periodo qualcuno ha introdotto la dizione indice di labilità alle malattie.
  • 5. L’espressione coefficiente di morbilità è invalsa per designare particolarmente un rapporto fra il numero complessivo delle giornate di malattie rilevate durante un periodo ed il numero di esposti al rischio di malattia, per classe d’età.
  • 6. inabilità, s.f. — inabile, agg., ff. s. invalidità, s.f. — invalido, agg., ff. s.m.
    Non è del tutto precisata la distinzione che la letteratura scientifica (demografica, giuridica, ecc.) ed il linguaggio corrente fanno fra un inabile ed un invalido. Il primo vocabolo dovrebbe esprimere un concetto più generico, sembra, e riferirsi al fatto fisico di una ridotta attitudine al lavoro (cfr. 358-7); il secondo, invece, dovrebbe piuttosto riferirsi ad una capacità di guadagno ridotta, in modo permanente, in una misura che la legge s’incarica di stabilire, e quindi sottolinea piuttosto una relazione di natura economica fra l’individuo e la società.
  • 7. letalità, s.f. — letale, agg.


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